Km 23 in 5 ore e 20 minuti.
Ad integrazione della tappa di ieri dico che mi sono capitati due fatti. Il primo è che ho trovato un posto molto accogliente dove trascorrere la notte. In pratica un signore, insieme alla sua numerosa famiglia, ha creato da una vecchia casa di campagna di sua proprietà, un luogo di incontro. Nell’arco del pomeriggio si sono aggiunti una francocanadese, due ragazze piemontesi, e parte della famiglia del proprietario. C’era da sbrigare delle faccende ed ecco che il mio lato “ciprovomanongarantiscodelrisultato” esce fuori. Aiuto nel montare una culla e un nuovo letto (Ikea) per i futuri Pellegrini. Stranamente riesco ad essere utile alla causa. Anni di montaggio/smontaggio troiai Ikea son serviti a qualcosa.
Arriva la sera e ci riuniamo tutti assieme a tavola, condividendo il lauto pasto, condito con racconti e impreziosito da aneddoti degni di almeno una decina di film.
Tra risa e tanta spensieratezza è giunta presto l’ora del riposo.
Il giaciglio a me assegnato è comodo e in un baleno sprofondo in un sonno interrotto solo dalla sveglia.
Sono le 5:15 e fuori c’è una fitta foschia. Per la prima volta utilizzo timidamente la luce in dotazione al cellulare, almeno per provare ad illuminare un po’ più in là del mio naso.
Piccola salita e si prende la strada che da San Miniato esce dal paese in direzione Gambassi. La strada non è degna di nota almeno fino a quando non abbandoniamo l’asfalto e compiamo un cambio di direzione verso le colline.
Da qui in poi è un susseguirsi di saliscendi percorsi a passo svelto. Lo scenario è incantevole. Mi domando ancora come possa stare lontano da questi luoghi. Colline dai pendii dolci, e distese di campi coltivati a regola d’arte. Una sorta di buona pubblicità sulla cooperazione tra uomo e natura. Il sole oggi si fa sentire. Ad ogni fontanella corrisponde una rinfrescata generale. Siamo in prossimità del cartello di Gambassi Terme, non abbiamo sistemazione per la notte, ma oggi come ieri poco importa. Alla fine c’è solo da passare qualche ora ad occhi chiusi.
Ahhh, dimenticavo il secondo fatto di cui parlavo all’inizio.
Praticamente ero a prendere il sole mezzo disteso sul muricciolo che delimita la Torre di Federico di Svevia, quando mi si avvicinano una coppia sulla sessantina. La donna, ormai a pochi metri inizia a fare dei strani richiami come se stesse attirando l’attenzione di qualcosa. La sento che scandisce bene le seguenti parole:” miiiicio, micio micio miiiiiciooooo” e contemporaneamente schiocca nell’aria quei baci di cui vanno ghiotti i gatti. Un po’ confuso mi volto per vedere dove fosse appollaiato il gatto. Troppo vicino a me impossibile, i cani a poca distanza avrebbero segnalato la presenza. Al mio fianco solo il burrone. Mentre ancora mi chiedevo dove fosse il felino, vedo che la signora si era ormai portata a circa due metri da me. Fissava un punto preciso. Cerco di seguire il suo sguardo ed ecco che capisco. La signora non soddisfatta della risposta del micio, si allontana bofonchiando qualcosa a suo marito. Cara la mia signora, i miei piedi, benché ricoperti da quasi candidi calzini bianchi, non potranno mai e poi mai essere scambiati per gatti. Conviene con me che sarebbe un’ immane offesa verso me e verso i miei cani. E a costo di passare da maleducati, i miei piedi rimarranno per sempre sordi alle sue richieste.
E dopo questa lunga digressione su questo racconto che dimostra che a San Miniato circolano brave persone, colgo l’occasione per salutarvi e augurarvi un buon 25 Aprile.
Da noi distrutti dal cammino e cotti dal sole
Tappa 9
